Scegliere un Giardino Giapponese può risolvere molte problematiche legate alla progettazione, oltre a donare un angolo di serenità.
I piccoli spazi possono sembrare un incubo per chi si avvicina alla progettazione del giardino: la voglia di mettere tante cose interessanti unita al non avere la possibilità materiale di disporre neanche di una minima parte può diventare un vero problema.
Giardino Giapponese
Una delle soluzioni, sempre in voga, sono i giardini giapponesi.
Cosa può esserci di meglio per stupire gli amici di un luogo deputato alla riflessione, alla cura della propria anima, fatto con materiali poveri come la sabbia e le rocce che, disposti in una certa maniera, acquistano un significato profondo e spirituale?
Tempio Giapponese Ryōan-ji, appartenente alla scuola Myōshin-ji
Giardino Giapponese “Classico” o “Zen”
La prima scelta importante da fare è fra il giardino giapponese “Classico”, come lo immaginiamo tutti, con cascata, laghetto e carpe Koi, fiori e macro bonsai, e il giardino detto impropriamente “Zen”. Il vero e corretto nome giapponese di quest’ultimo è KARESANSUI, (da kare, secco, e sansui, acqua di montagna).
Le origini sono antichissime, circa 500 d.C. Ancora una volta arte e religione s’intrecciano, in maniera indissolubile. Influenzato da filosofie come il Buddhismo e l’Induismo provenienti dalla Cina, il giardino Zen trova la sua forma più conosciuta nei templi dei monaci buddisti dove la pratica di fare manutenzione quotidiana è ispirazione per una più profonda meditazione e una più proficua preghiera.
Ce ne parla Andrea Pellegrini, ricordando un viaggio studio fatto anni fa proprio in Giappone.
“Mi trovavo in visita a Kyoto, la città sacra, con un caro amico giapponese, Architetto ed esperto di giardini karesansui. Abbiamo passato dieci giorni, muovendoci esclusivamente a piedi, fra i giardini più famosi come quello presso Kinkaku-ji, il padiglione d’oro, quello sul tempio d’argento (Ginkaku-ji), il Tenryu-ji garden, ma di certo per me il più emblematico rimane il Ryoan-ji.
Supremo esempio di karesansui, il “Tempio del drago tranquillo” non vede la presenza di acqua, tantomeno di cespugli, fiori o alberi. Il tempio originale fu distrutto dal fuoco durante le guerre di Onin, ma il figlio del proprietario, Hosokawa Masamoto, lo fece ricostruire nel 1488 con il giardino zen che è arrivato fino ai nostri giorni, pur passando attraverso un ulteriore incendio nel 1797.
Si tratta di uno spazio rettangolare, circoscritto da splendide mura perimetrali e da una veranda dove ci si “siede”. Infatti, in giapponese sedersi equivale a meditazione. Sulla sabbia, pettinata ogni mattina dai monaci con dei rastrelli speciali in legno in linee perfettamente parallele fra di loro, sono posizionate quindici pietre, in tre gruppi: uno da sette, uno da cinque e uno da tre rocce, contornate da muschio e cerchi concentrici di sabbia. Vedendolo dall’alto, l’idea è quella di un oceano dove si stagliano tre piccole isole rocciose. Rigoroso alla regola “dell’equilibrio dei numeri dispari”, il vero mistero per il visitatore che si siede sulla veranda è che in qualunque posizione egli vedrà sempre e solo quattordici pietre, non quindici. Niente è come sembra.”
Ecco, solo andando alle radici di una cultura completamente diversa dalla nostra, come quella giapponese, possiamo apprezzare quello che per alcuni potrebbe sembrare, erroneamente, un semplice “un gruppo di sassi in mezzo a della ghiaia” e pensare invece il nostro piccolo spazio in maniera assai diversa, riconoscendogli tutto lo splendore e l’armoniosità che gli sono propri.